Caso plusvalenze, FIGC: “Non esiste un metodo di valutazione del valore di un giocatore”

caso plusvalenze: per la figc non esiste metodo di valutazione del valore di un giocatore
Foto: FIGC/TwitterOfficial

L’inchiesta sulle plusvalenze si è risolta in un nulla di fatto. Intanto, però, alcune società hanno pagato negli anni scorsi (vedi il caso Chievo). Infatti undici club e ben 59 dirigenti, compresi due massimi esponenti del calcio nostrano come Andrea Agnelli e Aurelio De Laurentiis, sono stati assolti dopo la richiesta di condanna avanzata dal procurato federale Chiné. Secondo la FIGC non esiste un metodo univoco di valutazione del valore di un calciatore.

Di seguito la nota ufficiale pubblicata dalla Federazione italiana:

“Il metodo di valutazione adottato dalla Procura federale può essere ritenuto ‘un’ metodo di valutazione, ma non ‘il’ metodo di valutazione […]. Il Tribunale ritiene che non esista o sia concretamente irrealizzabile ‘il’ metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Tale valore è dato e nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato. E non è un caso che nella stessa Relazione dell’attività inquirente si faccia riferimento alla difficoltà di individuazione del fair value perché non assistito da un adeguato livello di elaborazione scientifica […]”.

Il valore di mercato di un diritto alle prestazioni di un calciatore – si legge ancora nel comunicato – rappresenta il valore pagato dalla società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione […]. Una volta ritenuto non utilizzabile il metodo di valutazione posto dalla Procura Federale a fondamento del deferimento e in assenza di una disposizione generale regolatrice, consegue che le cessioni oggetto del deferimento stesso non possono costituire illecito disciplinare”.