Sono stati giorni di forte tensione, ma tutto è bene quel che finisce bene (più o meno). Questo è il quadro della situazione che si è creata tra Gianmarco Pozzecco e la Dinamo Sassari. Sembrava che le due strade dovessero separarsi, ma poi a mente lucida l’ex playmaker di Varese ha deciso di restare sulla panchina del club sardo.
“Ad un certo punto non mi sono più sentito l’allenatore della squadra – ha detto il Poz – Mi sono messo più volte in discussione. Questo io e Sardara non lo abbiamo mai negato. Cosa mi ha dato fastidio? Che quando si parla di me bisogna sempre anticipare il finale. Nelle ultime ore siamo stati distanti, anche molto. Ma non sono mai salito su un aereo. Ieri ci siamo guardati e abbiamo capito che bisognava proseguire“.
Poi continua, parlando del rapporto molto conflittuale con il presidente Sardara: “Litighiamo sempre, non è stata la prima volta e non sarà l’ultima. Ma ho esaudito il suo desiderio di vedermi cambiato. Non sono più quello che dà di matto e si strappa le camicie. Basta con questa immagine, ora c’è un Gianmarco più riflessivo“.
Infine racconta un aneddoto curioso e decisamente commovente: “Attorno alle 10.15 mi ha suonato il campanello di casa Adriano, un bambino di 10 anni che ha suo nonno che vive due piani sopra il mio. Gli avevo regalato una canottiera della Dinamo, lo accoglie la mia fidanzata, in lacrime. Tania mi chiama e dice: “Vieni qui, Adriano è triste perché te ne vai”. Allora ho subito risposto: “Non ti preoccupare, Gianmarco resta alla Dinamo”. Ed ero felice per aver regalato una tale gioia. Questo alla fine ha un valore inestimabile. Il fatto che abbia potuto dire “io rimango” mi ha fatto stare bene, sarei stato in netta difficoltà se fosse successo il contrario. Io e Tania non volevamo andare via da Sassari”.