L’alba dopo la notte di Bilbao ha un sapore dolce e quasi irreale per il Tottenham. Diciassette anni dopo l’ultima coppa sollevata (la Coppa di Lega inglese del 2008), gli Spurs tornano a vincere e lo fanno nel modo più clamoroso possibile: trionfando in Europa League, piegando il Manchester United 1-0 in una finale tutta inglese e conquistando, insieme al trofeo, anche un insperato biglietto per la prossima Champions League.
Troppa grazia per una stagione disperata. Ultimi scampoli di un’annata travagliata, in Premier chiusa al 17º posto con ben 19 sconfitte. Ma l’Europa ha offerto il palcoscenico perfetto per la redenzione: con cuore, fatica e il gol decisivo di Brennan Johnson nel finale del primo tempo, il Tottenham ha resistito fino al 98′ grazie a un monumentale Guglielmo Vicario tra i pali, vero eroe silenzioso della serata.
Il Manchester United, invece, sprofonda ancora. L’unica squadra imbattuta della competizione fino alla finale esce dal San Mamés a mani vuote, condannata da un’azione ben costruita e da un destino che sembra divertirsi a beffare la squadra di Rúben Amorim, al secondo grande KO stagionale dopo una Premier in chiaroscuro. L’eliminazione dell’Athletic Bilbao in semifinale – con un roboante 7-1 – sembrava un segnale di forza, ma ha forse attirato l’ira degli dèi baschi del calcio: la finale “rubata” in casa è stata punita.
Per il Tottenham è un successo che vale tantissimo, sotto ogni punto di vista. Sportivo, perché ridà identità e prestigio a un club spesso etichettato come “eternamente incompiuto”. Economico, perché tra premi UEFA, introiti commerciali e qualificazione in Champions, l’incasso potenziale supera i 100 milioni di sterline. Simbolico, perché restituisce credibilità a un progetto tecnico che sembrava naufragato, e conferma una sorta di “secondo anno magico” per Ange Postecoglou, ancora una volta capace di portare un trofeo alla seconda stagione su una panchina.
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— Tottenham Hotspur (@SpursOfficial) May 21, 2025