Il ciclismo internazionale teme nuove ripercussioni in tema doping. Le luci dei riflettori si sono riaccese sulle edizioni 2016 e 2017 del Tour de France. Al centro diversi atleti che hanno preso parte all’importante competizione francese in quei due anni e che avrebbero utilizzato un prodotto di cui non era disponibile un sistema di ricerca valido che ne confermasse gli effetti sulle prestazioni fisiche.
Tutto nasce dalla scia dell’operazione Aderlass condotta ai campionati mondiali di sci nordico nel febbraio del 2019. In quell’occasione finirono in carcere nove persone. L’operazione poi finì a riguardare anche lo stesso ciclismo con il coinvolgimento di otto corridori tra cui Alessandro Petacchi.
Adesso, così come riportato dal quotidiano belga Het Nieuwsblad, è scattato un nuovo accertamento sui campioni antidoping raccolti durante il Tour. I test sarebbero stati eseguiti nei laboratori di Seibersdorf, località austriaca e in un centro della città tedesca di Colonia. “A quel tempo c’erano un certo numero di sostanze vietate che non erano disponibili sul normale mercato farmaceutico e per le quali non esistevano metodi di rilevazione ottimali nei laboratori. Nel frattempo, questi metodi sono stati migliorati”, ha dichiarato a Het Nieuwsblad Peter Van Eenoo del laboratorio antidoping di Gand”.